RISORGIMENTO ITALIANO E CAMPAGNE D'AFRICA

ADUA 1896: L’EROISMO DIMENTICATO

(di Stefano Aluisini) - prossima uscita: 2016

          La drammatica fine del Generale Dabormida durante la battaglia di Adua del 1 marzo 1896

Il disperato eroismo del Ten. Col. Davide Menini e dei suoi Alpini durante la battaglia di Adua il 1 marzo del 1896 nel particolare di una tavola di Alfonso Artioli. Cadeva così uno dei più luminosi esempi di ufficiale all’inizio dell’epopea delle truppe alpine. Nell’agosto del 1882, con il grado di Capitano, avuta notizia dell’arrivo di S.A.R. la Regina Margherita e del giovane Principe Vittorio Emanuele a Perarolo, ordinò alla propria compagnia di Alpini, che aveva appena ultimato una faticosa esercitazione, di marciare dalla Val Fella sino a Perarolo per rendere omaggio ai Sovrani. Partiti alle tre del pomeriggio, gli Alpini giunsero a Perarolo il mattino dopo all’alba dopo una marcia di cento chilometri e alle dieci, con in testa il Capitano Menini, sfilarono davanti ai Reali.

SAN MARTINO, 24 GIUGNO 1859: LA RINASCITA DI UNA NAZIONE NELLE GESTA DEI FANTI PIUMATI (DI STEFANO ALUISINI) – WEB MAGAZINE DELLA GAZZETTA DELLA SPEZIA.IT (MAGGIO 2015)

“San Martino, 24 giugno 1859: la rinascita di una nazione” (reportage fotografico di Stefano Aluisini). Visitare queste placide colline è un doveroso omaggio ad un’importante parte del Risorgimento Italiano. Sulla cima della piccola altura così contesa, al posto del roccolo abbattuto dalle cannonate, sorge l’immensa torre voluta dal Re d’Italia ad imperitura memoria dei Caduti dell’Esercito del Regno di Sardegna. La chiesetta di San Martino ospita un ossario con i resti di migliaia di soldati piemontesi ed austriaci, raccolti indistinamente, onorati da lapidi e corone provenienti da tutte le città d’Italia e dalla stessa Austria. Nei giardini silenziosi che la circondano, sotto i cipressi curvati dal vento, sorgono decine di monumenti e lapidi poste a perenne ricordo di quanti combatterono la sanguinosa battaglia.

“Cinque Battaglioni di Bersaglieri, il 24 giugno 1859 su queste zolle insanguinate, gareggiarono in prove di sovrumano eroismo per consacrare con il loro sacrificio il diritto dell’Italia ad essere una dalle Alpi al mare”

All’interno della grandiosa torre di San Martino l’imponente atrio a base circolare accoglie i visitatori con una grandiosa statua di S.M. il Re d’Italia attorno al quale una salita elicoidale porta, lungo pareti affrescate con gli episodi più eroici delle Campagne del Risorgimento, alla vedetta merlata e al pennone con il tricolore. Da qui lo sguardo spazia verso sud sino alla Madonna della Scoperta e a Solferino, in quelle dolci colline dove nel 1859 in migliaia caddero per l’Unità d’Italia. A nord est invece si trovano Peschiera e la stessa Verona che poco dopo tornerà alla Madrepatria.

Il Santuario della Madonna della Scoperta tra San Martino e Solferino il 24 giugno 1859 vide le eroiche gesta della Brigata "Savoia" e dei Granatieri di Sardegna.

"Alla Madonna della Scoperta il 24 giugno 1859 i soldati italiani respinsero reiterati attacchi nemici resistendo ad oltranza e infine contrattaccando vittoriosamente ed impedendo al nemico di volgersi contro il fianco sinistro dell'esercito francese che stava espugnando le alture di Solferino"

L'esercito 
11, domenica. Festa nazionale. Ritardata di sette giorni per la morte di Garibaldi (e. dE AMICIS: CUORE - 1889)

Siamo andati in piazza Castello a veder la rassegna dei soldati, che sfilarono davanti al Comandante del Corpo d'esercito, in mezzo a due grandi ali di popolo. Via via che sfilavano, al suono delle fanfare e delle bande, mio padre mi accennava i Corpi e le glorie delle bandiere. Primi gli allievi dell'Accademia, quelli che saranno ufficiali del Genio e dell'Artiglieria, circa trecento, vestiti di nero, passarono, con una eleganza ardita e sciolta di soldati e di studenti. Dopo di loro sfilò la fanteria: la brigata Aosta che combatté a Goito e a San Martino, e la brigata Bergamo che combatté a Castelfidardo, quattro reggimenti, compagnie dietro compagnie, migliaia di nappine rosse, che parevan tante doppie ghirlande lunghissime di fiori color di sangue, tese e scosse pei due capi, e portate a traverso alla folla. Dopo la fanteria s'avanzarono i soldati del Genio, gli operai della guerra, coi pennacchi di crini neri e i galloni cremisini; e mentre questi sfilavano, si vedevano venire innanzi dietro di loro centinaia di lunghe penne diritte, che sorpassavano le teste degli spettatori: erano gli alpini, i difensori delle porte d'Italia, tutti alti, rosei e forti, coi capelli alla calabrese e le mostre di un bel verde vivo, color dell'erba delle loro montagne. Sfilavano ancor gli alpini, che corse un fremito nella folla, e i bersaglieri, l'antico dodicesimo battaglione, i primi che entrarono in Roma per la breccia di Porta Pia, bruni, lesti, vivi, coi pennacchi sventolanti, passarono come un'ondata d'un torrente nero, facendo echeggiare la piazza di squilli acuti di tromba che sembravan grida d'allegrezza. Ma la loro fanfara fu coperta da uno strepito rotto e cupo che annunziò l'artiglieria di campagna; e allora passarono superbamente, seduti sugli alti cassoni, tirati da trecento coppie di cavalli impetuosi i bei soldati dai cordoni gialli e i lunghi cannoni di bronzo e d'acciaio, scintillanti sugli affusti leggieri, che saltavano e risonavano, e ne tremava la terra. E poi venne su lenta, grave, bella nella sua apparenza faticosa e rude, coi suoi grandi soldati, coi suoi muli potenti, l'artiglieria di montagna, che porta lo sgomento e la morte fin dove sale il piede dell'uomo. E infine passò di galoppo, con gli elmi al sole con le lancie erette, con le bandiere al vento, sfavillando d'argento e d'oro, empiendo l'aria di tintinni e di nitriti, il bel reggimento Genova cavalleria, che turbinò su dieci campi di battaglia, da Santa Lucia a Villafranca. - Come è bello! - io esclamai. Ma mio padre mi fece quasi un rimprovero di quella parola, e mi disse: - Non considerare l'esercito come un bello spettacolo. Tutti questi giovani pieni di forza e di speranze possono da un giorno all'altro esser chiamati a difendere il nostro paese, e in poche ore cader sfracellati tutti dalle palle e dalla mitraglia. Ogni volta che senti gridare in una festa: Viva l'esercito, viva l'Italia, raffigurati, di là dai reggimenti che passano, una campagna coperta di cadaveri e allagata di sangue, e allora l'evviva all'esercito t'escirà più dal profondo del cuore, e l'immagine dell'Italia t'apparirà più severa e più grande.

LE DIECI GIORNATE DI BRESCIA, LA “LEONESSA D’ITALIA” – REPORTAGE FOTOGRAFICO DI STEFANO ALUISINI

Il disperato tentativo della "Leonessa d'Italia" di trascinare l’insurrezione popolare contro la dominazione Austriaca dopo la sconfitta del Regno di Sardegna nella prima guerra di indipendenza. Cosa resta della città "ribelle" di allora che, dopo centocinquant’anni, appare ormai trasfigurata e immemore del suo glorioso passato.

(in costruzione) – LO STUDIO DEL RISORGIMENTO NELL’ITALIA MULTIETNICA: cosa sta facendo la nostra Scuola ? (di Stefano Aluisini)