1918 LA BATTAGLIA DEI TRE MONTI

I Tre Monti danno il nome alla famosa battaglia con cui si ricordano i combattimenti avvenuti tra il 28 e il 31 gennaio del 1918 sull'Altopiano di Asiago per la conquista del Col del Rosso (1276 metri), del Col d'Echele (1108 metri) e del monte Valbella (1312 metri). Fu la prima vittoria dell'esercito italiano dopo la ritirata di Caporetto: a testimoniare l'importanza di quell'evento, i nomi di queste montagne dove hanno combattuto le truppe austriache sono scolpiti in una lapide commemorativa all'interno della cattedrale di Vienna. Alle prime ore del 28 gennaio 1918 scattò l'assalto che vide uscire dalle trincee anche la compagnia del diciassettenne veneziano Roberto Sarfatti M.O.V.M - Caporale del 6° Reggimento Alpini - Battaglione "Monte Baldo" - la quale, preceduta da un intenso fuoco di artiglieria, iniziò a muoversi sul fronte orientale del Col d'Echele per conquistare q. 1039, situata circa quattro chilometri a sud-ovest del Sasso Rosso. Alle 9 e 30, i cannoni iniziarono così a battere le postazioni nemiche per consentire a Sarfatti e ai suoi compagni di aprire un varco mentre all'azione partecipavano anche i "Dimonios" del 151° Reggimento della Brigata "Sassari". Roberto Sarfatti strisciò fino al filo spinato arrivando poi vicinissimo a q. 1039. Dalla trincea scavata al di sotto della sommità i nemici cominciarono a concentrare il fuoco sul giovane caporale degli Alpini ma questi scattò su per il pendio. Galvanizzati dal suo esempio i compagni lo seguirono oltre i reticolati mentre Sarfatti balzava nella trincea dove trenta austriaci si arresero subito gettando a terra i fucili e lasciando agli italiani una mitragliatrice per poi ripiegare sul rovescio della montagna da dove occorreva stanarli. I primi ad avanzare ancora una volta furono gli Arditi e poi il plotone d'assalto del battaglione di Sarfatti quando una mitragliatrice li arrestò momentaneamente. Urlando ai compagni di seguirlo, Sarfatti si lanciò verso il nemico ma una pallottola lo colpì in pieno viso, stroncando all'istante la sua giovane vita. Sarfatti crollò a terra e spirando tra le braccia di un compagno ferito. Prima che fosse sepolto in una tomba anonima, uno dei compagni tagliò una ciocca di capelli dalla testa insanguinata di Roberto e la spedì alla madre Margherita, nota intellettuale di religione ebraica che divenne la più famosa biografa di Benito Mussolini, prima di essere costretta a emigrare all'estero. Nell'agosto del 1934 le spoglie di Sarfatti  furono individuate nel vicino cimitero di Stoccareddo e la madre decise di far erigere poco distante, vicino a Case Ruggi dove era caduto il figlio Roberto, un particolare monumento opera dell'architetto Terragni. 

“Volontario di guerra, appena diciassettenne, rientrato dalla licenza ed avendo saputo che il suo battaglione si trovava impegnato in un’importante azione contro formidabili posizioni nemiche, si affrettava a raggiungere la linea. Lanciatosi all’attacco di un camminamento nemico, vi catturava da solo trenta prigionieri e una mitragliatrice. Ritornato nuovamente all’assalto di una galleria fortemente munita, cadeva mortalmente ferito - Case Ruggi (Val Sasso), 28 gennaio 1918”.