"6 GIUGNO 1944: OPERAZIONE OVERLORD" - reportage storico per immagini contemporanee di Marco Cristini, Luca Cristini e Angela Aluisini

Il ritorno ad "Omaha Beach" nel settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, sui luoghi della più grande operazione aereonavale della storia che decise le sorti del secondo conflitto mondiale

Ecco il racconto del loro viaggio seguito da una serie di eccezionali gallerie fotografiche sui luoghi dello sbarco.

Il 6 giugno di settant'anni fa le truppe alleate sbarcarono in Normandia. Quel giorno, noto a tutti come D-Day, migliaia di soldati statunitensi, inglesi e canadesi scrissero una delle pagine più importanti della Seconda Guerra Mondiale. Oggi che cosa è rimasto di tutto ciò? Il modo migliore per scoprirlo è visitare i luoghi dello sbarco, che, nel corso degli anni, sono stati valorizzati da numerosi musei e monumenti commemorativi. Prima tappa è Sainte-Mère-Église, conquistata la notte del 6 giugno dai paracadutisti dell'82a e della 101a Divisione Aviotrasportata. Nella città è presente uno splendido museo dedicato al D-Day, con carri armati, aerei, uniformi e altri reperti originali, ma forse è la piccola chiesa gotica a impressionare maggiormente. Qui la notte del 6 giugno l'americano John Steele rimase impigliato col suo paracadute al campanile e oggi un fantoccio, collocato nella stessa posizione, ricorda quella sfortunata vicenda. Dentro la chiesa, poi, è possibile ammirare una vetrata dedicata ai paracadutisti alleati che liberarono la città. Seconda tappa è Utah Beach, teatro dello sbarco degli americani della Quarta Divisione al comando di Theodore Roosevelt jr., figlio del presidente Theodore Roosevelt. Anche qui è presente un ottimo museo con molti materiali d'epoca. Obbligatoria, poi, la visita alla spiaggia, oggi frequentata da turisti, coraggiosi bagnanti e cavalli da corsa. Terza tappa è Pointe Du Hoc, una falesia dove i tedeschi avevano costruito dei bunker per cannoni di grosso calibro. Il 6 giugno qui sbarcarono i rangers statunitensi, che conquistarono il loro obiettivo dopo aver scalato una parete rocciosa alta trenta metri. Oggi il sito è visitabile gratuitamente; alcuni bunker sono accessibili e la vista dalla cima della scogliera è indimenticabile. Quarta tappa è Omaha Beach, dove sbarcarono gli americani della 1a e della 29a Divisione di Fanteria. La spiaggia fu testimone di una delle battaglie più sanguinose del D-Day, vinta dagli alleati grazie al sacrificio dei genieri, che riuscirono ad aprire una breccia nelle fortificazioni tedesche. Quinta tappa è la batteria tedesca di Merville, dove sono conservati ancor oggi alcuni di quei cannoni che dovevano impedire lo sbarco alleato sulle spiagge normanne. La visita è libera ed è una buona occasione per osservare dal vivo un frammento del cosiddetto Vallo Atlantico. Sesta tappa è il porto artificiale di Arromanches. Dopo che gli inglesi ebbero conquistato la spiaggia (nome in codice: Gold Beach), iniziò subito la costruzione di un grande porto artificiale, destinato ad accogliere l'enorme mole di uomini e materiali necessari per l'avanzata degli alleati. Un museo ricostruisce con precisione questa titanica impresa ingegneristica e sulla spiaggia si possono ammirare alcuni dei cassoni che componevano il porto. Settima tappa è il Ponte Pegasus, sul fiume Orne, reso celebre dal film Il giorno più lungo; qui vennero sparati i primi colpi del D-Day. La 6a Divisione Aviotrasportata britannica, infatti, atterrò vicino al fiume a bordo di alcuni alianti poco dopo la mezzanotte del 6 giugno. Il maggiore John Howard e i suoi uomini conquistarono il ponte intatto e lo tennero fino all'arrivo dei rinforzi, il 6° Commando inglese di Lord Lovat, che arrivò marciando al suono di una cornamusa. Il Memorial Pegasus descrive ogni particolare di questa impresa e permette di ammirare il ponte originale, oggi spostato all'interno del museo, oltre ad alcuni alianti identici a quelli utilizzati quel giorno. Ultima tappa è il Normandy American Cemetery, dove riposano diecimila caduti americani: la sterminata distesa di croci bianche è destinata a rimanere nella memoria. Tra i molti caduti colpisce la tomba del generale Roosevelt, morto in Normandia il 12 luglio 1944 per un attacco cardiaco e sepolto a fianco del fratello Quentin, caduto anche lui in Francia, ma il 14 luglio 1918. Le loro croci sono forse il monumento più eloquente al sacrificio di due intere generazioni, che hanno combattuto e sono morte per dare la libertà all'Europa.

SAINTE MERE EGLISE - IL SACRIFICIO DEI PARACADUTISTI AMERICANI

Un piccolo paese della Normandia ricorda nell’immaginario collettivo una delle pagine più eroiche e drammatiche dell’operazione Overlord. Alle 00,30 del 6 giugno 1944 i paracadutisti americani della 82^ Divisione Aviotrasportata si lanciano sul piccolo paese di Sainte Mere Eglise ma le luci di un incendio li illuminano prima che tocchino terra e così molti di loro vengono uccisi dai tedeschi ancora in volo. Realmente accaduto, e ancora ricordato da un manichino, l’episodio del paracadutista John Steel rimasto appeso alla cuspide del campanile, poi sopravvissuto. Nel ricostruire le vetrate dell’antica chiesa, alcune di esse sono state dedicate ai paracadutisti americani che persero la vita quella notte. Il vicino museo delle truppe aviotrasportate americane della 82^ e 101^ Divisione, realizzato in un edificio a forma di paracadute, ospita una vastissima collezione di reperti oltre a diversi mezzi fra i quali un aereo C47 “Dakota” originale. Poco distante, davanti al palazzo del Municipio, un cippo stradale ricorda che anche da qui partì il percorso della liberazione indicato simbolicamente come chilometro zero.

UTAH BEACH: SBARCANO I FANTI GUIDATI DAL FIGLIO DEL PRESIDENTE AMERICANO

Alle 6,30 del 6 giugno 1944 questa spiaggia vide l’assalto della 4^ Div. e della 90^ Div. U.S.A. coperte dai cannoni della corazzata “Nevada”, scampata all’attacco di Pearl Harbor, della USS “Bayfield” e della “Blackprince”. Grazie alla limitata resistenza tedesca il congiungimento con le truppe della 101^ Div. Aviotrasportata U.S.A. fu abbastanza rapido e senza perdite elevate. Molte vite furono infatti salvate dal Ten. Dick Winters che con 12 paracadutisti della compagnia Easy distrusse nell’entroterra una batteria di 4 cannoni da 105 mm che sparava su Utah.  Una lapide ricorda poi l’eroico comportamento dei marinai della U.S. Coast Guard che contribuirono in modo determinante a fare sbarcare entro sera oltre 23.000 uomini. Diversi i monumenti fra i quali quello in memoria degli equipaggi della U.S. Navy (con l’iscrizione dei nomi di tutte le unità navali), della marina Danese (che partecipò allo sbarco con 900 marinai), della 4^ e della 90^ Div. di Fanteria U.S.A. (quest’ultimo realizzato con granito portato dal campo di concentramento di Flossemburg che la Divisione liberò prima della fine della guerra) e della 1^ Brigata del Genio. Non di rado lungo il percorso si trovano le indicazioni che ricordano il sacrificio dei singoli nei giorni seguenti, come il Ten R.A. Hinkel della 816^ Track Co. Ucciso in azione il 14 giugno del 1944. Il vicino “Museé du debarquement” di Saint Marie du Mont, costruito nel luogo dello sbarco, raccoglie invece in oltre 3.000 mq di esposizione una vastissima serie di cimeli compresi un autentico bombardiere “B26” e un mezzo da sbarco originale LCVP.

POINT DU HOC: LA FALESIA SCALATA DAI RANGERS

Un’irta scogliera di trentatrè metri fra le spiaggie Utah e Omaha della cui incredibile scalata si resero protagonisti alle 7,10 del 6 giugno 1944 gli uomini del 2° Battaglione Rangers U.S.A. agli ordini del Col. James E. Rudder. Dopo che nelle fasi del difficilissimo sbarco, protetto dal bombardamento dei cannoni della “Texas” e del “Satterlee”, diversi soldati e due mezzi erano già andati perduti, una volta arrivati in cima alla scogliera grazie a una drammatica ascensione con corde e rampini, i Rangers si accorgeranno però che le batterie tedesche da 155 mm puntate su Omaha e Utah beach erano costituite da tronchi d’albero mentre i veri cannoni erano stati fatti arretrare. Dovettero quindi proseguire nell’interno pur di distruggerli. Dopo due giorni di combattimenti i cannoni verranno fatti saltare ma alla fine saranno solo 90 i Rangers superstiti delle tre compagnie soccorsi dalla 29^ Div. U.S.A. proveniente da Omaha Beach. Da Point du Hoc, il 6 giugno 1984, il Presidente Ronald Reagan pronunciò un toccante discorso in memoria dei Rangers caduti quarant’anni prima. Sul promontorio un monumento in granito a forma di pugnale sovrasta un bunker tedesco e rivolto verso il mare ricorda l’impresa dei Rangers statunitensi le cui doti di competenza, coraggio e sacrificio sono evidenziate in una vicina iscrizione.

OMAHA BEACH: LA SPIAGGIA DEL MASSACRO

Uno dei luoghi principali dello sbarco in Normandia che alle 6,30 del 6 giugno 1944 vide il sacrificio della 1^ e della 29^ Divisione di Fanteria U.S.A. che riuscirono a vincere la resistenza tedesca superando la spiaggia e penetrando nell’entroterra solo a prezzo di pesanti perdite. Colpiti quando ancora erano in acqua, i soldati americani dovettero affrontare le difese tedesche ancora intatte poiché i bombardamenti aerei avevano colpito troppo all’interno. Solo verso le 12,30 i primi fanti riuscirono a superare i bunker sopra la zona di sbarco. Una grande colonna di granito ricorda quei soldati sulla spiaggia. Il vicino museo di Saint-Laurent sur Mer raccoglie in 1.200 mq di esposizione una importantissima collezione di armi, materiali, fotografie e reperti di ogni genere.

MERVILLE, I CANNONI TEDESCHI

Esistono ancora sulla costa alcune batterie tedesche da 150 mm conservate nei loro bunker come a Longues sur Mer o a Merville. Ogni batteria era normalmente costituita da 4 pezzi in casamatta posti in posizione dominante sul canale della Manica e con i cannoni puntati sulle spiaggie dello sbarco. Quella di Merville fu attaccata fra le prime dai paracadutisti britannici attorno alle 4,30 del 6 giugno 1944.

ARROMANCHES: IL PORTO CREATO SULLE ONDE

Il simbolo dell’eccezionale sforzo logistico e tecnico sostenuto per permettere lo sbarco in Normandia fu rappresentato dall’operazione “Neptune” nella quale fu anche decisa la realizzazione di un porto mobile e artificiale davanti ad Arromanches les Bains che consentisse da subito l’arrivo di uomini, mezzi pesanti e materiali, protetto da dighe artificiali al largo realizzate affondando navi mercantili e posizionando cassoni di cemento Phoenix, alti sino a venti metri e dal peso di 7.000 tonnellate. Il molo principale del porto, denominato “Winston” in onore del primo ministro britannico, lungo 750 metri e collegato alla terraferma da strade galleggianti, realizzato dai Royal Engineers con l’operazione “Mulberry”, diventerà un’arteria vitale per il mantenimento dell’avanzata in Normandia. Si trattava di strutture talmente imponenti che molte sono rimaste sino ad oggi semisommerse vicino alle spiaggie. Il museo di Arromanches ospita una collezione di oltre 2.000 reperti oltre a 30 metri lineari di plastici sofisticati ed è costruito davanti alle vestigia del porto artificiale britannico costruito allora.

PEGASUS BRIDGE: I PRIMI LIBERATORI ARRIVANO DAL CIELO

La notte sul 6 giugno 1944 vide una delle operazioni più note nella storia delle forze speciali quando 181 soldati della 6^ Divisione Aviotrasportata Britannica, primo reparto alleato a toccare il suolo francese, planarono silenziosamente con i loro 6 alianti “Horsa” nelle immediate vicinanze del ponte di Benouville, detto poi da allora “Pegasus Bridge” in memoria del simbolo del reparto britannico. Quella notte e nei giorni successivi furono perse molte vite umane sia a causa di alcuni alianti atterrati disastrosamente che durante il furibondo scontro a fuoco con i tedeschi del quale le strutture del ponte in metallo portano ancora le tracce. Il ponte conquistato fu poi difeso strenuamente dai britannici sino all’arrivo, alcuni giorni dopo, dei rinforzi sbarcati sulle spiaggie annunciati dal suono di una cornamusa che precedeva il 6° Commando di Lord Lovat. Lungo il ponte vi sono alcune lapidi che ricordano i nomi dei paracadutisti e dei piloti della RAF caduti nell’operazione; poco distante il cippo in memoria del primo aliante che alle 00,18 del 6 giugno toccò terra con a bordo i piloti Sergenti Barkway e Boyle oltre al Cap. Medico Vaughan, il Ten. Smith e 28 soldati. Un altro cippo simile ricorda l’atterraggio alle 00,16 dell’aliante pilotato dai Sergenti Wallwork e Ainsworth con a bordo il Magg. John Howard dell’Oxfordshire e Buckinghamshire Light Infantry oltre al Ten. Brotheridge e 28 soldati. Come recita una lapide poco distante il Ten. Brotheridge fu il primo caduto del D-DAY, colpito mentre assaltava il ponte. Il vicino “Memorial Pegasus” ospita armi, cimeli e fotografie di quella straordinaria missione, in gran parte donati da reduci britannici, inclusa la cornamusa suonata da Bill Millin. Vi si trovano anche una replica dell’aliante “Horsa” e il ponte originale qui spostato appositamente di cento dalla sua sede nel 1993. In molti punti nei quali sono caduti i soldati britannici vengono deposti tulipani di carta e piccoli ricordi. Un monumento in bronzo inaugurato nel 2004 dal Principe di Galles ricorda anche il trentatreenne Brigadiere Generale James Hill il quale da qui, sebbene più volte ferito, guidò la 3^ Brigata Paracadutisti fino al crollo della resistenza tedesca. Le cruciali missioni della 6^ Divisione Aviotrasportata Britannica in questo settore ebbero tutte successo ma a costo di gravi perdite: circa duemila dei suoi soldati riposano infatti nel vicino cimitero di Ranville.

COLLEVILLE SUR MER:  IL GRANDE SACRARIO DEI SOLDATI STATUNITENSI

Gestito dalla American Battle Monuments Commission di Arlington (VA – U.S.A.) si estende per ben 58 ettari concessi in uso perpetuo agli Stati Uniti d’America dal governo francese. Si erge a ridosso della spiaggia “Omaha”, sul piccolo altopiano che i soldati americani raggiunsero dopo avere percorso i primi duecento metri di spiaggia sotto il fuoco tedesco. Il Sacrario rccoglie quasi diecimila caduti statunitensi oltre al “giardino dei dispersi” dove una stele ricorda i loro 1.500 nomi: qui, se accanto al nome del soldato compare una rosetta di bronzo, significa che il suo corpo è poi stato ritrovato in seguito e seppellito. Nel grande cimitero riposano ben 41 gruppi di fratelli; fra loro la tomba di Theodore Roosevelt Jr, reduce della prima guerra mondiale e figlio del 26° presidente americano, morto nelle fasi successive allo sbarco e che volle essere qui seppellito facendo giungere accanto a sé anche la tomba del fratello Quentin, caduto in Francia nella Grande Guerra. Il principale monumento ai Caduti del Sacrario è una statua di sette metri rappresentante “lo spirito della gioventù americana che sorge della onde”.